La neve era sporca di Georges Simenon. Recensione


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La neve era sporca di Georges Simenon è la disperata ricerca di se stessi. Una ricerca che a volte può assumere toni drammatici e tragici. Lacerazione pura della propria coscienza e della morale.


Dopo essere stati negli Usa e in centro america è il caso di ritornare nella vecchia a e cara Europa, culla della letteratura mondiale e in particolare in Francia (anche se l'autore è belga) con un autore considerato di genere, ma che a tutti gli effetti si attesta come uno dei principali scrittori del Novecento: Georges Simenon. 

Questo è il mio primo Simenon.
Perché non ne ho mai letto uno? Semplice, amo la letteratura anglosassone e non mi fido molto dei cugini francesi. Lessi un Vargas, tempo fa. Roba buona per ragazzini delle elementari. La mia esperienza francese morì con Fred. Poi un giorno lessi una recensione de  “La neve era sporca”. Fu sufficiente per decidere di leggerlo. 
Così, andai in biblioteca. Sembrava mi stesse aspettando. Lo avevano letto solo in tre. Era praticamente nuovo.
Lessi la quarta di copertina. Mi puzzò. Non mi piacciono i romanzi di guerra, figuriamoci l’occupazione nazista. L’autore della quarta, ci aveva infilato pure un bel “una città dove tutto è tradimento e doppiogioco”. Se fossi il signor Adelphi gli avrei dato un calcio nelle palle. Peccato che non si sappia chi sia questo idiota. Sì, perché in questo romanzo l’occupazione nazista e il doppiogioco non centrano un beneamato cazzo.
Questo però, si sa solo alla fine. Dopo averlo letto.
La prima pagina del romanzo è scritta da schifo. L’ho dovuta leggere almeno tre volte per capirci qualcosa. Tre nomi che si intrecciano tra loro confondendo le idee. Ok, sono i protagonisti, ma posso assicurarvi che si poteva fare di meglio. Malgrado la quarta di copertina e l’incipit, vado avanti.
La storia comincia a delinearsi.
Dentro c’è Dostoevskij, “Delitto e castigo” e “Memorie dal sottosuolo”, per l’esattezza.
E poi c’è Orwell con il suo capolavoro “1984”.
C’è la colpa, il peccato, l’assassinio, la discesa negli inferi del protagonista, i suoi pensieri, l’essere carnefice e vittima, succube del suo malessere marcescente, c’è il rifiuto dell’amore, un rifiuto violento, spregevole. C’è il grande occhio, colui che tutto conosce e sa. Ci sono uomini senza volto pronti a prelevarci dal letto per segregarci in anonime e disperate celle. E cosa è tutto questo se non la nostra coscienza che si ribella alle nostre azioni? Tutto è simbolico in “La neve era sporca”. I nazisti, di cui parla l’idiota in quarta di copertina non esistono. L’occupazione, la guerra, tutte baggianate inventate dalla povera mente di un inetto.
C’è invece il terrore di essere presi in qualsiasi momento da qualcuno che ci osserva, che conosce ogni nostra azione e forse anche i nostri pensieri.




Non vi parlerò della storia.
Vi dirò solo che si tratta della disperata ricerca di se stessi. Una ricerca che a volte può assumere toni drammatici e tragici. Lacerazione pura della propria coscienza e della morale.
Simenon ha fatto uno straordinario lavoro. Ha permeato di sensibilità francese il mio amato Raskol nikov inserendolo in un contesto dove i ruoli di ognuno vengono alla fine completamente ribaltati, la primigenia e nera versione di Truman Show.
Si può parlare di capolavoro. Ma non è un Noir, e nemmeno un giallo, tanto meno una spy story oppure un thriller.
È un dramma introspettivo. Dei migliori.
Per chi scrive: una lezione su come rendere il flusso di coscienza e su come costruire un personaggio attraverso le sue azioni e le sue parole. Senza raccontare nulla, lasciando parlare la sua vita.
Da leggere. Assolutamente.
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La neve era sporca
Autore Simenon Georges
Prezzo € 10.00
Anno 2004,
pagine 266
brossura, 2 ed.
Traduttore Visetti M.
Editore Adelphi (collana Gli Adelphi)

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